Educare all’inclusione ne parliamo con Andrea Canevaro

Per il secondo episodio della serie “Incontri con i maestri” Maria Teodolinda Saturno, autrice del saggio “Storia dell’inclusione scolastica in Italia. Lettura pedagogica della normativa”, incontra virtualmente Andrea Canevaro, il maestro per eccellenza, padre della pedagogia speciale in Italia.

L’appuntamento è per lunedì 4 ottobre 2021 alle ore 18, sul canale YouTube diversi tutti con una nuova video première. Il tema dell’incontro è: Cosa significa educare all’inclusione? Se vuoi partecipare iscriviti al canale e attiva la campanella, per ricevere la notifica, o sintonizzati qualche minuto prima della première per partecipare alla chat durante la trasmissione.

Cosa c’entra Magellano con l’educare all’inclusione? Cosa c’entrano Pinocchio e la balena con l’inclusione?

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L’inclusione è possibile in DAD?

In questa delicata fase nella storia dell’uomo e nell’evoluzione dell’inclusione scolastica, diversitutti è alla ricerca di nuove strade per perseguire, in maniera piú organica, le finalità divulgative, di studio, di diffusione delle culture e delle didattiche inclusive. Un aspetto che ci pare interessante indagare è la rilevazione di pratiche inclusive, in relazione alle criticità e alle potenzialità emergenti nella Didattica a Distanza.

Nelle prime fasi del lockdown la DAD è stata vissuta come la panacea, tutelando dai rischi di diffusione del contagio. I docenti osannati per le capacità e l’impegno nel riconvertire velocemente le proprie competenze, passando in una modalità didattica profondamente diversa da quella in presenza.

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La relazione fra sostegno e curricolare 4.4

Reciprocità. Ciò che torna.

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Ecco una caratteristica che possiamo ritrovare nelle relazioni più evolute fra insegnante di sostegno e quello della disciplina. Perché tale relazione sia funzionale all’inclusione, verificatane la compatibilità, lavorando insieme sulla consapevolezza della complementarietà delle proprie funzioni, si potrebbe attivare fra i due insegnanti la reciprocità.

I risvolti operativi di tale concetto sono straordinari: immaginate due insegnanti che agiscano nella stessa classe scambiandosi reciprocamente dei “doni”, più o meno metaforicamente. Quale valenza educativa per gli allievi che osservano, interiorizzano un modello di relazione fra adulti inconsueta e conveniente per entrambi?

Per compenderne la portata, faccio riferimento ad una definizione ricca di spunti pedagogici che si può leggere per intero al link: unaparolaalgiorno.

Si legge l’origine della parola: «dal latino, composto di “recus” indietro e “procus” avanti. Ciò che torna. L’autoreferenzialità pare sempre una sicurezza. Quando si è dei solidi singoli autoverticali sporgersi verso gli altri sembra una perdita di stabilità».

Quante volte noi insegnanti abbiamo bisogno di porci di fronte a classi sempre più complesse, come dei solidi singoli verticali, quasi a compensare le incertezze e le criticità? Ecco, che l’altro insegnante potrebbe essere percepito come potenziale pericolo della stabilità e, persino, l’atto di sporgersi verso l’altro, l’alunno, può spaventare.

Come modificare questo irrigidimento, che ci causa, più o meno consapevolmente, malessere? Cominciando dal prendere coscienza che in una realtà sociale complessa, in continuo divenire, senza certezze, il ruolo dell’insegnante (e dell’uomo, oserei dire) è sempre più delicato e richiede un cambio di prospettiva: «per quanto un filo possa essere resistente, le sue capacità sono nulla di fronte a quelle del tessuto».

Cominciamo a percepire il collega come un altro filo e noi stessi come parte dello stesso tessuto. Se ciò ci sembra troppo ideale, partiamo dal concreto. Continua a leggere